L’Hornbein Couloir rimane inviolato
24 maggio, giorno 47
Dopo dieci, lunghi, giorni di attesa, il 16 di maggio finalmente siamo partiti per il tentativo di vetta e discesa dell’Hornbein. Alla fine, sono circa 40 giorni il tempo trascorso per arrivare al momento tanto atteso e tutto si riduce ad una sola settimana in cui ci si gioca tutto…
Siamo partiti fiduciosi, con un buon morale supportato da un buon acclimatamento e tutto è andato per il meglio fino a Colle nord (7.050 n.). Da colle nord finalmente è possibile vedere quasi integralmente l’Hornbein Couloir, e lì in pochi istanti l’azzurro del ghiaccio che riflette verso il colle in un solo istante ci fa crollare il morale sotto i piedi; gli ultimi mille metri del canale che scendono verso il ghiacciaio di Rongbuk sono una lastra di ghiaccio non sciabile. Se dal campo base era possibile vendere gran parte del canale e con i teleobbiettivi si scorgeva la sottile lingua di neve che pero sembrava rendere possibile la discesa, non avevamo tenuto conto che i venti fortissimi di “jet stream”, che ci hanno costretti al campo base per tanti giorni, avessero potuto modificare completamente le condizioni della parte bassa della montagna.
A questo punto, siamo comunque saliti fino a campo 2 (7.500 m.) ma con tanti dubbi sul da farsi: lasciare giù gli sci andare in vetta come tutti gli altri alpinisti e tornare senza sciare, oppure sciare sulle tracce di Hans Kamerlander che nel 1996 fu il primo a scendere dalla normale tibetana con gli sci? In fondo eravamo qui per sciare, il nostro obbiettivo era sciare. Ed è così che abbiamo preferito sciare fino al campo base avanzato a quota 6.200m. Non è stata una passeggiata, la neve durissima, ghiacciata con tratti di deve crostosa non mi hanno permesso di fare più di 4 curve consecutive alternate a pause per riprendere fiato. Non si tratta di un primato, ma in quelle condizioni, di una discesa comunque molto tecnica che non allieva la delusione per l’obbiettivo mancato, ma gratifica in parte per l’impegno che ci abbiamo messo in questo progetto. A volte rinunciare quando l’obbiettivo sembra a portata di mano è una decisione durissima sapendo che non avrai un’altra opportunità, ma, avventurarsi in quel canale con quelle condizioni della montagna sarebbe stato un suicidio, nessuna montagna vale la mia vita. Marco Siffredi, il più forte snowboarder al mondo degli anni 90-2000 fu il primo a provarci ed il quel canale scomparve e non arrivo mai a valle. Il sottoscritto unico a seguire le sue tracce, ci aveva già provato nel 2010 con due giovani colleghi di Courmayeur ma fummo fermati da impressionanti valanghe. Questa volta quando tutto sembrava andare per il meglio, la Dea Madre della Terra ha deciso che non è ancora ora…. Questo è stato il mio ultimo tentativo, ora spero che qualche giovane possa raccogliere la sfida ed abbia un po’ più di fortuna… Al momento non vedo tanti possibili pretendenti, l’unico, credo sia il polacco Andrzej Bargiel che lo scorso anno riuscì a sciare il K2 dalla cima; io ci provai per primo nel 1998, vent’anni prima, ma la bufera mi fermo a quota ottomila. Quindi: good luck, Andrzej!!!
Un grazie ai miei compagni di avventura, Jean-Marie e Daniele, siamo stati un’ottima squadra. Abbiamo condiviso decisioni importanti i e tante risate al campo base; il morale messo a dura prova dalle condizioni, non è mai mancato. Mi hanno supportato moralmente e tecnicamente, conserverò per sempre questi bei ricordi.
Importante!!!!
GRANDE INES!!!!
Ines, mi telefono il giorno prima della scadenza del governo Cinese per il permesso di salita. Le dissi che se accettavano l’iscrizione ero sicuro che sarebbe arrivata in vetta, con la sua determinazione e tenacia, ebbene, così è stato.
Ines è la quinta donna italiana sul tetto del Mondo, sono fiero di essere stato suo compagno di tante scalate sulle alpi. E tra qualche giorno quando sarà tornata a valle pubblicheremo le sue foto dalla cima del mondo.
Tashi Delék,
Edmond